Milano:"i campi Rom sono covi di illegalità e vanno chiusi" oggi Silvia Sardone al TG4 - NotiziePrime

Milano:”i campi Rom sono covi di illegalità e vanno chiusi” oggi Silvia Sardone al TG4

Agosto 12, 2025
3 minuti di lettura
Milano:"i campi Rom sono covi di illegalità e vanno chiusi" oggi Silvia Sardone al TG4
Milano:"i campi Rom sono covi di illegalità e vanno chiusi" oggi Silvia Sardone al TG4

MILANO – Una donna anziana, la cui vita è stata spezzata in un attimo, è stata investita da un’auto rubata, guidata da un ragazzino di soli 13 anni. Un evento che ha scosso profondamente l’opinione pubblica e ha fornito a un fronte politico l’occasione per riproporre con forza una misura radicale: la chiusura di tutti i campi Rom, definiti “covi di illegalità”.

La dichiarazione, lanciata dall’eurodeputata Silvia Sardone durante un’intervista al TG4, ha agito come una cassa di risonanza per il malcontento e la rabbia di una parte della popolazione. L’incidente, che ha visto coinvolti quattro minorenni di origine bosniaca, si è trasformato da fatto di cronaca in un simbolo delle tensioni sociali e delle sfide legate all’integrazione e alla sicurezza urbana. Un tragico evento che mette in luce la complessa interazione tra le questioni legali, le problematiche sociali e il difficile equilibrio della tolleranza.

Una vita spezzata da un’auto rubata

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La ricostruzione dei fatti, seppur ancora in corso, ha già delineato un quadro agghiacciante. L’incidente è avvenuto in una strada periferica di Milano, dove un’automobile, rivelatasi poi rubata, ha travolto la donna anziana, lasciandola a terra senza vita. L’impatto è stato violentissimo, non ha lasciato scampo alla vittima e ha gettato l’intera comunità nello sgomento.

Ciò che ha reso la tragedia ancora più drammatica e ha alimentato la rabbia è stata la scoperta che al volante e all’interno dell’auto vi erano quattro giovanissimi. Contrariamente alle prime voci che parlavano di ragazzini di 14 anni, i successivi accertamenti hanno ridimensionato le loro età, un dettaglio fondamentale che avrà un peso determinante sul piano legale. I quattro bambini fermati hanno tutti tra gli 11 e i 13 anni: il conducente ne ha 13, due passeggeri 12 e la più piccola del gruppo è una bambina di 11 anni. Le loro origini sono bosniache e vivono in un campo nomadi situato a breve distanza dal luogo dell’incidente.

Le testimonianze raccolte dagli agenti della Polizia locale hanno contribuito a fare chiarezza su quanto accaduto dopo lo schianto. Alcuni presenti avrebbero riferito di aver visto almeno due dei ragazzini fuggire a piedi in direzione del vicino campo, un gesto che per molti è diventato la prova di un legame inscindibile tra il luogo di residenza e le attività illecite. La fuga, però, non è servita a molto: i quattro sono stati rintracciati poco dopo.

La non imputabilità e il divario con il senso comune

L’aspetto che sta generando maggior indignazione e un profondo senso di impotenza è legato alla legge italiana. Come riportato dagli esperti legali, i quattro minorenni non sono imputabili per il reato commesso. La legge italiana prevede infatti che la capacità di intendere e di volere, necessaria per poter essere processati e condannati, si presume a partire dai 14 anni. Avendo tutti un’età inferiore a questa soglia, i bambini non possono essere considerati pienamente responsabili dei loro atti dal punto di vista penale.

Questa circostanza, seppur prevista dall’ordinamento giuridico, entra in forte collisione con il senso di giustizia comune. Per la famiglia della vittima e per molti cittadini, la non imputabilità dei ragazzini è un’assurdità, una falla del sistema che non riesce a offrire una risposta adeguata a un crimine così grave. Il fatto che un’auto rubata, guidata da un minore, abbia causato una morte senza che i responsabili possano essere perseguiti penalmente alimenta un senso di impunità che mina la fiducia nelle istituzioni e nelle leggi.

La vicenda, come era prevedibile, si è subito politicizzata, trasformandosi da dibattito giuridico a scontro ideologico. È in questo contesto che si inserisce la ferma dichiarazione di Silvia Sardone, la quale ha colto l’occasione per dare voce a un sentimento diffuso e per chiedere un’azione drastica.

La politica si schiera: “I campi Rom vanno chiusi”

A poche ore dalla tragica notizia, l’eurodeputata Silvia Sardone si è presentata alle telecamere del TG4 con una posizione netta e perentoria: “I campi Rom vanno chiusi perché sono covi di illegalità”. Una frase che, per la sua sintesi e la sua radicalità, ha immediatamente catturato l’attenzione e ha scatenato un’ondata di reazioni. La dichiarazione non si limita a commentare l’incidente specifico, ma lo utilizza come prova per sostenere una tesi più ampia e politicamente connotata: l’esistenza stessa dei campi nomadi, secondo questa visione, rappresenta una minaccia alla sicurezza e alla legalità.

L’eurodeputata ha espresso la convinzione che i campi nomadi non siano luoghi di vita, ma rifugi per attività illecite, dove si nascondono criminali e si perpetuano comportamenti che sono in netto contrasto con le leggi dello Stato. La sua posizione si fonda su un sentimento di esasperazione che, come ha sottolineato la stessa Sardone, è ormai ampiamente diffuso tra la popolazione.

La sua dichiarazione si inserisce in un solco di proteste e di insoddisfazione che da tempo ribollono nelle periferie milanesi e non solo. La tolleranza degli italiani, come spesso si sente ripetere in contesti simili, starebbe “iniziando a ribellarsi all’illegalità da parte di irregolari”. In questa narrazione, l’incidente non è solo un fatto di cronaca, ma il sintomo di un problema più vasto e irrisolto.

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